mi sa che era il 1998 o il 1999. boh forse il 2000. il regista cagliaritano giovanni coda ci chiede un lavoro sonico-poetico incentrato sulla figura di derek jarman, regista pittore scrittore inglese morto di AIDS nel 1994, in occasione della presentazione di uno dei suoi innumerevoli festival. non ci pensammo due volte, allora eravamo machina amniotica [ anche se lavorammo solo io e systems quella volta ]: usammo il video che derek aveva realizzato per gli smiths the queen is dead, ma la musica era nostra industriale – e le parole erano tratte dai suoi diari. ricordo ancora molto bene una signora elegantissima che porta via il suo bambino, non appena comincio a leggere le parole di derek che parlavano di omosessualità, discriminazione, violenza, mancanza di diritti, AIDS e morte. cazzu successone! nel 2005 scrissi deadKey ov joy, che è dentro il mio primo libro Assolutamente Altrove .. un tributo ad una delle figure più straordinarie creative visionarie poetiche geniali che io abbia mai incrociato, che ha contribuito senz’altro a forgiare il mio immaginario. se sono così è pure colpa sua. a vent’anni dalla sua morte, sempre lui giovanni ci propone una “replica” del nostro lavoro già collaudato a dicembre anno scorso per la giornata della LILA. accettiamo e quindi venerdì 1 agosto allo spazio LE CUBE GALLERY la BRIGATA presenta DEADKEY OV JOY ED 2014: 45 minuti di visioni – elettronica – parola: il testo che leggerò è questo qui sotto, quello pubblicato in Assolutamente Altrove nel 2005.

posa respirata appena
sul bordoCerchio di una falena
al chiaro presupposto della trascrizione
derek s’invola fra
le nebbie colorate
del mio buco nero Cosmico
DEADKEY OV JOY tributo a derek jarman ED 2014 ►
voglio condividere con te questa vanità
non riempire il silenzio di note false
voglio condividere il deserto di questo fallimento
o tracciare rotte nel vuoto
per te gli altri hanno creato un’autostrada
con corsie di sorpasso nei due sensi
io ti offro un viaggio senza direzione
incertezza e nessun lieto fine
allo svanire della luce
andai alla ricerca di me stesso
derek jarman .. the garden 1990
i.
ROSA FOETIDA TRICOLOR
[ breve lettera a derek ]
1.
devo dirti derek
quali sono i rimpianti e dove
se dalle linee della biro screpolata
la carta s’ispessisce gialla
e si compie il reale con la miseria
della decomposizione
compiuto il massacro della istintività
metto da parte ciò che da dentro si posa
gli occhi accesi d’un fuoco azzurro
il risveglio dell’ira di chi sa
che è la brace convulsa che cova
luminosa brucia nel cervello
le private sedi del volere sviliscono
poltiglia s’accumula su poltiglia più greve
la masticazione è più fastidiosa
ma sono ancora puro anche fra le loro braccia
mal stirate piegate come panni smorti
sullo schienale della memoria
i non corpi indefinibili
2.
ascolta derek:
una barella trasporta
una mistura di frattaglie stellari
una bruma disarticolata di
pause vuote fra corridoi sterili
la mia carne attua l’ultima fase
prima dell’invecchiamento
rovesciandosi nel catino
spruzzando acqua e sangue
sulle piastrelle disadorne
dell’esistenza
3.
io insieme a una quantità di ampolle
con le mie idee ingiallite in formalina
prima rivoluzionari e adesso?
tutto il mondo si rivernicia tenta
di colori differenti abbacinanti
una mano dopo l’altra mai troppo aperta
a dibattersi sfilacciarsi
è che c’è ancora troppa ragione
per non accordarsi con un futuro più fisico
e là in un angolo la minaccia
di perdere il privilegio della
sostanza stellare compiuto il passaggio
le bende in disordine
ma la memoria della carne
rintrona ancora forte mi prenota
sotto i nervi all’interno della pelle
lungo tutto il corpo
che non ho ancora scritto
4.
ascolta derek
devo dirti ancora ..
ii.
HYACINTHUS NONSCRIPTUS
pietra come: preparare un nastro per accogliere
fra le fila di raffia persiana e perle da urano
le microparticelle biologiche e dei
passi che tuonano dentro la testa come
passi dentro un sotterraneo desertico
e buio di popolamenti umani rachitici che ha
cuori inchiodati al silenzioVeleno e ..
compiere il caos: si ricolora il rimbombo e del sotterraneo
si schiudono gli schermi a forma di giacinti
mentre spargi il seme fra la
pietra insabbiata di sale e il sole
spinto da uno sbuffo risonante di profumi panici
e infili cazzi di pietra salata ritti dentro la terra
figure geometriche nel sole ventoso
mentre conto i kilometri di ombre
che compongono la cosmogonia della tua
chiave morta della gioia
iii.
DIGITALIS PURPUREA
non ho mani e dita per
[ non ero mai
vestito secondo la moda ]
cogliere fra le viscere dei colori
l’impotenza delle violenze su di me
[ ho guardato frammenti di notizie ]
all’ombra stampata come sulla pietra
stride di rosso tutta l’aria che si muove
inodore e pulsante come una vertigine
[ cammino in questo giardino
stringendo le mani degli amici morti
centinaia di frastuoni in un imbrunire casto
lontano alla vista il dovere del caso
la vecchiaia è arrivata presto per
la mia generazione congelata
e il mezzo sorriso incolpato di esser puri
si disperde in un alone verdastro
freddo freddo freddo
sono morti così silenziosamente ]
non ho davvero più mani
[ oh vento ti prego vattene! ]
né dita per coglierti da sopravvissuto
in questo campo pieno di fango e di miserie
[ denny ha lasciato un messaggio
per dirmi che howard è morto ]
il riverbero delle luci dell’alba
profuma come di sostanza di placenta
e nessuna speranza più conquista il margine
[ il sole è una pura sfera bianca in un cielo di gesso,
la foschia si alza sul promontorio in veli lattei,
i silenziosi amenti del salice spiccano il loro giallo pastello
nella notte argentata ]
una nebbia densa impedisce il respiro
e la luna dentro il tuo cuore
minaccia di decadere
e mentre cerchi nel letto il volto [ febbre io ti
resisto! ] scopri un grumo di petali contaminati
favoriti dall’infezione [ il virus attacca la creazione
la creatività appassisce ]
unico tempo unica voce mio unico occhio
testimone dell’eterea risonanza del martirio
[ l’atto di filmare ..
non il film ]
mentre ti guardi nel disfacimento e
imponendo all’uomo la condanna
[ la mia bocca
è aperta il mio corpo
imprigionato ]
come una suora
inintellegibile al qui ed ora
rivivi l’altrove come incensi
e brume di
[ sono innamorato ]

iv.
AQUILEGIA
una pozza di luce chiara
anelli di nubi rosse
pietre scintillanti dal calore
api roteano fra le spire della digitale
zampa d’aquila
contro la peste nera
s’insinua nel mio giardino
v.
VIOLA TRICOLOR
viola tricolor [ sorge misterica
unica sorgente mercurio ]
come ombra trapezio
sulla tela di un pube
[ pensando alle piogge ]
intorno ad un totem organico
viola tricolor [ faccia contaminata
ritorno a strutture semimobili ]
con tinte prosciugate
cura la malattia
[ che indenne rumoreggia ]
intorno ad un totem organico
viola tricolor [ più desolata di un marmo
infestato da striature d’insetti ]
il mandante del crimine
con occhi di fuoco
[ rimesta nel sangue ]
intorno ad un totem organico
viola tricolor [ espressamente fra
l’ora convulsa e l’attimo di veglia ]
nuova cupa al mattino
una desolata crepa sul vetro
[ il mio cuore inscrive bifido ]
il credo su un totem organico
viola tricolor [ un rumore lancinante
al petto che risuona come cavo ]
impugnato il fallo
sù il prepuzio crestoso
[ sbuca il silenzio del giardino ]
e l’identità di un totem organico
viola tricolor [ agita lo sperma speziato
cavità di secche di memoria ]
imbratto le mani di sogno
mentre il tempo si aggira
[ sul mio cupo ansimare ]
e sull’ombra del totem organico
viola tricolor [ la bruma della cura
si distende sopra il fiato ]
sbanda luce ripiegata
senza memoria senza suono
[ risplendente di figure ribollenti ]
e sul cuore del totem organico
viola tricolor [ lo sguardo del satiro
brinda alla tensione ]
rivedi sfera
rimuovi maschera
[ ritrova panico ]
sul tempio del totem organico
viola tricolor [ blu sulle ferite
impronte per la cura ]
buca la tempia impiastrata
di filiformi linee di porpora
[ luoghi dorati in striature ]
la legge della luce del totem organico
viola tricolor [ luminosa oscurità
decrescente asciutta ]
rimpiazza gli occhi
imbrattati di sogni
[ in piedi nell’alba ]
sul tempio del totem organico
viola tricolor [ terra arsa
compiuto il crimine ]
leggermente quieto e caldo
spuntato grigio cenere
[ invasa di terrore del vuotarsi ]
accanto al circuito del totem organico
viola tricolor [ smeraldo eccede
sulla forma eterea del tuo corpo viola ]
di rado in penombra
cumuli di polvere d’oro
[ una crisi specchiata al mattino ]
la terra attorno al totem organico
viola tricolor [ entrando nella casa disabitata
materializzo la ferita ]
su una palude rosso sangue
nei visi involti il dolore
[ delle belle cose ]
alla fonte impietrita del totem organico
vi.
IRIS PSEUDOCORUS
i ciottoli di dungeness ► il corpo non ancora scritto
la spina dorsale della noncuranza
delle brutalità assunte
mondo a sbarre come barbiturici
lamiere d’aria che si esprimono filamentose
ombre incrinate sul muro con labbra aeree
funghi carnivori acqua di colonia ortiche comuni
gomma stirata delle palpebre lampo bianco
rumori archetipici fantasma di amputazione
corpo non ancora scritto ► frenato dall’eco
rilucore impiantato di spire tellurico
sbandato caotico rigenerato
vii.
SEMPERVIVUM
o al mattino all’alba o di notte
segretamente chiaro quanto tempestoso
eccetto quelle parti di cielo che
componevo come una fragile partitura
il muto linguaggio rumore
di un orologio rintocca inoltre
a tal punto che un taglio circolare
lavorato come un cesello di fattura rara
mi trasporta su un’isola fiammeggiante
la vista dei tuoi films come dei sogni
SEM PER VI VUM

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